mercoledì 22 giugno 2011

Gli uni per la vita degli altri

In passato ho trattato la dipendenza e le correlazioni tra gli individui, l'essere gli uni schiavi della vita degli altri nel vorticoso mare delle aspettative in modo alternato alla consapevolezza individuale e collettiva, in una chiave psicologica e diramante nelle recondite profondità dell'inconscio. Pertanto traslerò il discorso in un contesto puramente "conscio" approfondendo alcuni aspetti di cui ho fatto cenno negli ultimi post, ovvero tutta la sfera delle nostre percezioni, i nostri schemi cognitivi, le idee che l'uomo ha del mondo. La coscienza(non in accezione etica) è quello che ci permette di essere ciò che siamo, è quello che ci permette di avere un bagaglio conoscitivo; la coscienza è la pista per le maratone dei posteri. Ma è anche ciò che ci ha indotto a creare un Padre Eterno, che sopperisse alla nostra condizione finita e pertanto timorosa in senso escatologico. Avendo trattato precedentemente questo tema teologico-metafisico con supporti scientifici rifacenti alla genetica, ora lo analizzero più filosoficamente, considerando ovvietà poi non tanto ovvie per i più. Difatti è sufficiente analizzare la totalità degli esseri umani per ritagliare meglio questo quadro metafisico. Se la vita ha una matrice divina, se ha un senso legato all'ascesi, vorrà dire che è un "privilegio" di chi è provvisto di coscienza. Chi nasce con la trisomia del cromosoma ventuno, o con altre malattie legate alla non disgiunzione dei cromosomi omologhi e alle polisomie, pertanto non avendo modo di maturare una "coscienza" e non avendo modo di vivere una vita senziente, per loro la vita sarà "strumentale".
Sì, si può affermare, restando sulla matrice divina, che siamo utili gli uni per la vita degli altri anche in queste condizioni. Probabilmente, un individuo può essere uno strumento per mettere alla prova un altro, ergo non serve una coscienza. Magari l'individuo deficitario avrà un altra vita per conquistare la vita eterna. Gli uomini fungono pertanto da carne da macello(divina) in lizza per il premio del "miglior martire" e dell'encomio "sofferenza perpetua". Oppure è la nostra coscienza arrogante e razzista, nel non aver pensato ad un Dio per i deficitari?
Come ho già fatto cenno, questo discorso è estendibile anche agli individui che perdono improvvisamente una maturata facoltà cognitiva.
E' possibile interrogarsi se tutto ciò che è stato vissuto sia archiviato nell'encefalo, oppure si dissolva come una nube elettronica, come ad esempio la formattazione di un HDD. Ma l'uomo senziente è così preso emotivamente dal suo ruolo finito che si rannicchia in se stesso e su se stesso abbracciando le sue gambe, altalenando e titubando su questioni "etiche" che lo espongono alla fiamma gelida della ragione su questioni quali l'aborto o l'eutanasia. Sì, è il disegno divino, e gli uomini si atterranno allo stesso pur non conoscendolo.

domenica 12 giugno 2011

Dualità encefalica nel corpo umano: simbiosi e dicotomie nell'immanenza della vita stessa

E' necessario un doveroso incipit per tale trattazione; data la mole concettuale, risulterebbe impossibile in un post, escindere gli aspetti teologici dello scibile umano nella sua cronistoria.
Cercherò quindi, di uniformare l'analisi da un punto di vista rigorosamente razionale, per arrivare agli ultimi e rivoluzionari studi genetici, la confutazione della teoria darwiniana, all'etica giustapposizione della parola "fine" al concetto di "Dio" e collegherò il discorso sul "potere della mente"(che a fronte delle ultime scoperte controllerebbe i geni, e ci libera così dal concetto di "automi genetici") con quello di "mente antica del corpo" della trattazione precedente, dimostrando che se a questo universo, esiste un Dio, quello è insito in noi, nella nostra immanenza.

-Per inciso, prendete tutto il tempo necessario per metabolizzare la mole di informazioni di questo ahimè ridondante seppur illuminante post, prima di commentare.

Iniziamo con Dio. E' noto che il bisogno umano di "spiegare" e di dare forma all'ignoto ha origini ben più antiche delle storie narrate nel Vulgata stampato dal caro vecchio Gutenberg, lodevole pioniere della stampa. L'uomo, dall'alto della sua arroganza esistenziale e accentratrice, si è sempre posto ad un gradino superiore rispetto alla natura, in quanto figlio prediletto del Creatore: da qui abbiamo la discriminazione abiogenetica di Aristotele, secondo la quale Dio creò solo gli uomini e gli animali a dispetto degli insetti delle altre creature inferiori che nascevano dalla terra, dai corpi in putrefazione o dal fango.

Solo molto tempo dopo Francesco Redi dimostrò l'inattendibilità della generazione spontanea aristotelica con il famosissimo esperimento dei barattoli contenenti carne, di cui uno coperto ed uno scoperto. Lo scienziato, infatti, rese l'evidenza che solo nei barattoli scoperti si erano sviluppate le larve di mosche, poichè posate dalle stesse, cosa che invece non poteva avvenire nella carne del barattolo chiuso. Pertanto Redi, dopo aver ceduto il testimone a Spallanzi, sino a Pasteur, arriviamo al principio della biogenesi, ergo omne vivum ex vivo.

Per quante possano essere state le scoperte in campo scientifico, la teologia, e movimenti filosofici annessi hanno sempre continuato a crescere, per le ovvie ragioni di imperfezione ontologica. L'uomo ha sempre cercato di rendere se stesso e la natura in quanto creazioni divine, concependo il Deismo, che spiega razionalmente l'uomo e il mondo grazie a un Dio, il Panteismo di Spinoza, secondo il quale v'è un identificazione immanentistica di Dio con la natura, ovvero l'essenza ultima delle cose è Dio stesso per poi arrivare al più recente neologismo "Teoetotomia", nella quale vige quella superiorità Divina(classica anche del Cristianesimo) a discapito dell'inferiorità umana, permeata dalla corruzione e dall'imperfezione per tale condizione.

Analizzando sommariamanete tutti quesi aspetti d'autoinganno e d'autoconvizione in merito alla teologia, andiamo a imbatterci nella suggestione mentale in relazione ai sentimenti derivati dal corpo, come trattato nel post precedente.
A questo punto è il momento di dimostrare, grazie alla grandezza delle ultime scoperte in campo relazional-genetico, l'inconsistenza di Dio, di quanto l'uomo, antica macchina in fase di perfezionamento nelle ere si sia allontanato dalla natura e si sia annichilito subconsciamente in paure che lo hanno reso dipendente da tutto, gettandolo in una schiavitù atavica, condannandolo alle più disparate ed inesistenti subordinazioni per sopperire a se stesso.

Si è scoperto ad operda del grandissimo Bruce Lipton, eminente Scienziato, Biologo cellulare, che il pensiero influenza il DNA e ogni cellula.

Citerò alcuni passaggi chiave riassuntivi per dare un quadro sommario dell'autorevole scienziato, anche se inseriro alcuni link che raccomando di visionare accuratamente per approfondire questo illuminante argomento che porterà a conclusioni incredibili.
[ http://www.tarocchionline.net/reserved/miracoli_bruce_lipton.htm
http://www.scienzaeconoscenza.it/scienza/lipton_biologia_credenze.htm]

"Durante il periodo in cui Bruce Lipton lavorava come ricercatore e professore alla scuola di medicina, fece una sorprendente scoperta sui meccanismi biologici attraverso i quali le cellule ricevono ed elaborano le informazioni: infatti, piuttosto che controllarci, i nostri geni sono controllati, sono sotto il controllo di influenze ambientali al di fuori delle cellule, inclusi i pensieri e le nostre credenze. Questo prova che non siamo degli “automi genetici” vittimizzati dalle eredità biologiche dei nostri antenati.

Siamo, invece, i co-creatori della nostra vita e della nostra biologia."

"Lipton descrive questa nuova scienza, chiamata epigenetica, nel suo libro “The Biology of Belief: Unleashing the Power of Consciousness, Matter and Miracles” (N.d.T.: Biologia delle Credenze: Liberare il Potere della Consapevolezza, della Materia e dei Miracoli) (2005: Mountain of Love/Elite Books). Pieno di citazioni e riferimenti di altri scienziati che conducono, in tale campo, ricerche all’avanguardia, questo libro potrebbe, letteralmente, cambiare la vostra vita al suo livello più fondamentale."

"Fino alla scoperta dell’epigenetica, si credeva che il nucleo di una cellula, contenente il DNA, fosse il “cervello” della cellula stessa, del tutto necessario per il suo funzionamento. Di fatto, come hanno scoperto Lipton ed altri, le cellule possono vivere e funzionare molto bene anche dopo che i loro nuclei siano stati asportati. Il vero “cervello” della cellula è la sua membrana, che reagisce e risponde alle influenze esterne, adattandosi dinamicamente ad un ambiente in perpetuo cambiamento. Che cosa significa questo per noi, quali collezioni di cellule chiamati esseri umani? Man mano che incrociamo le diverse influenze ambientali, siamo noi a suggerire ai nostri geni cosa fare, di solito inconsciamente. I carboidrati ci fanno ingrassare? Sì,se lo crediamo. Saremo amati, avremo successo nel lavoro, saremo ricchi? Se ci crediamo, lo saremo."

"Lipton ci mostra anche come Darwin avesse torto. La competizione non è la base dell’evoluzione; non è la sopravvivenza del più forte che ci permette di sopravvivere e prosperare. Al contrario, dice, dovremmo leggere l’opera di Jean-Baptiste de Lamarck, che venne prima di Darwin e dimostrò che la cooperazione e la comunità sono la base della sopravvivenza. Immaginate se ciascuna dei vostri trilioni di cellule decidesse di farcela da sé, di combattere per essere la regina della collina piuttosto che cooperare con le cellule compagne. Per quanto sopravvivereste ?"

E' illuminante prendere coscienza di quanto studiato scientificamente, di quanto Lamarck avesse ragione a discapito di Darwin, ma sopratutto che le cellule sono dotate di una loro "mente"(come appunto spiegavo in merito ad altri studi nel post precedente)al di là del nucleo stesso.

Nel primo sito linkato, continua l'argomento in un intervista a Lipton e mi propongo di riportare ed analizzare i passaggi più salienti(anche se rinnovo l'invito di leggere ogni cosa per esteso);
Nel libro dell'eminente Biologo, si mette in luce che i nostri geni non condizionano realmente la nostra vita. Facendo l'esempio dei cancri, è stato dimostrato che questi sono evitabili cambiando stile della stessa. Solo una bassissima percentale hanno matrice genetica. Pertanto Lipton sottolinea che le ragioni che ci spingono ad aggrapparci ai geni come esplicativi di ogni male è per via della natura fisica del concetto stesso.

Pertanto il determinismo genetico inizia ad incrinarsi con l'esempio ed il parallelismo di uomini e cellule; difatti se gli uomini non cooperassero come fanno le cellule, l'organismo non sopravviverebbe.

Lipton a seguire, esplica il concetto di "menti cellulari" in termini di membrane comunicanti. Pertanto facendo l'esempio di più cellule comunicanti tra loro, senza alcun ruolo intellettivo del DNA per arrivare al trilione di cellule encefaliche, le stesse opereranno ancora per il principio del cervello cellulare.
Quindi lo scienziato, giustamente mette in evidenza il paradosso della neuro-scienza: "Beh, quando abbiamo comprato l’idea che i geni ed il nucleo formano il cervello della cellula - che ci porta fuoristrada - e la applichi come fosse un principio di neurologia o di neuro-scienza, ti sei già incamminato nella direzione sbagliata. Non puoi arrivare da nessuna parte perché quello non è il cervello della cellula. I nostri principi su come funziona l’intelligenza sono stati totalmente sviati. Ecco perché, dopo tanta neuro-scienza, se chiedi a qualcuno: “come funziona, veramente, il cervello?” La risposta sarà: “veramente, non lo sappiamo”."

Ora onde evitare un eccessiva ridondanza, salterò la parte dell'intervista in cui si parla del genoma umano, delle "forze invisibili che modellano la nostra esistenza" mi concentro sul passaggio di maggior interesse:

"L’epigenetica dice che i segnali ambientali influenzano l’espressione genetica, e questi segnali ambientali talvolta sono diretti, e tal’altra sono interpretazioni, quando per es.le percezioni diventano credenze. Così, ho una credenza su qualcosa, che è una percezione, e aggiusto la mio biologia a quella particolare credenza. Se dicono che ho il cancro terminale e sono d’accordo, allora essenzialmente morirò quando, a detta loro, accadrà. Quali sono le persone che non lo fanno? I casi di “remissione spontanea.” Almeno una persona, scommetto, non ha “comprato” quella diagnosi. E la sola ragione per la quale ne sono usciti è che avevano un altro sistema di credenze completamente diverso, e quindi sono stati capaci di cambiarlo."

"La prima cosa è acquisire le nuove percezioni di come funziona la vita. Lasciare andare o riconsiderare le percezioni con le quali ci siamo formati, che, inevitabilmente, sono vittimizzanti: sono fragile, l’ambiente mi può attaccare, lo zucchero fa male. Queste sono credenze acquisite. Ma la questione è, sono veramente vere? Sono vere se questo è ciò che credi, dal momento che la percezione governa la biologia. Se sono programmato dalla percezione che lo zucchero è dannoso alla mia biologia e lo mangio, allora essendone a conoscenza intossico il mio sistema con la credenza, non con lo zucchero. La maggior parte di queste percezioni si manifestano come credenze limitanti o auto-sabotanti su quello che possiamo o non possiamo fare. Come l’auto-guarigione."

"La tendenza è, no, non ti puoi guarire da solo, devi andare da qualcun altro che ti guarirà. Santo cielo! Dopo parecchi miliardi di anni di evoluzione, il sistema fu progettato per auto-guarirsi. Per quanti milioni di anni gli esseri umani hanno fatto senza medici? Perché abbiamo bisogno di così tanti medici ora? Perché la percezione è che siamo deboli e fragili, ed abbiamo bisogno del loro aiuto. Bene, questa è una percezione. Quando eliminiamo questa percezione ed iniziamo ad immettere nuove percezioni, allora cambiamo la risposta della nostra biologia al mondo che ci circonda.

Man mano che cambiamo le nostre percezioni, cambiamo le nostre risposte. Le percezioni con le quali operi – ti danno sostegno o te lo tolgono? Ti rendono più forte o più debole?"

Pertanto Lipton arriva alla conclusione che queste percezioni sono nel subconscio che controlla la quasi totalità della nostra vita, senza che noi possiamo prenderne atto. Difatti "non vediamo i programmi che sono automatici".
Sempre nell'intervista, lo scienziato facendo l'esempio delle comparate elaborazioni in bit(che invito ad approfondire nel sito) dimostra che l'elaborazione inconscia e infinitamente più potente di quella conscia; In seconda istanza, asserendo che secondo i neuroscienziati cognitivi il 5 per cento del nostro comportamento giornaliero è controllato dalla nostra mente cosciente ed il 95 per cento dal programma subconscio, nella vita quotidiana la mente inconscia è la più potente fonte della nostra biologia.

Un altro passaggio chiave:

"Quando la mente cosciente è occupata, non sta osservando il subconscio. Ed il subconscio è composto dai programmi fondamentali che abbiamo ricevuto dagli altri nei primi sei anni. Mentre si vive la vita con le nostre intenzioni e i desideri della mente cosciente, il 95 per cento del comportamento viene dalla mente subconscia, che è stata programmata da altri."

"E la maggior parte di tale programmazione è veramente limitante. Non ti puoi guarire da solo, non sei abbastanza intelligente, non ti meriti le cose buone, non sei bravo in disegno o quello che è. Queste affermazioni diventano programmi subconsci, che si attivano quando non faccio attenzione. La mente cosciente nella maggioranza è occupata a pensare al futuro o al passato."

Pertanto Lipton afferma che quando il conscio è occupato in questo, il subconscio prende appunto la guida.

"Il vostro cosciente è occupato a cercare di pensare: “Mi merito un aumento e di certo dovrei salire di grado in questa ditta.” Mentre lo fate di certo, state operando dal subconscio, e quello ha un programma che afferma che non vi meritate le cose. Qual è allora l’espressione del vostro comportamento? Il comportamento che è coerente con “Non mi merito.” Ciò significa che farete degli errori o altro che renderanno legittimo che non vi meritiate le cose. Non ve ne rendete conto perché non l’avete visto all’opera, e diventate frustrati riguardo la vostra vita perché ci provate così tanto ad avere successo e non andate mai da nessuna parte. E poi, ovviamente, la tendenza è, non sei tu, è il mondo ad ostacolarti. La grande e bizzarra sorpresa è che il mondo vi darà qualsiasi cosa. E’ il vostro stesso sé che è d’intralcio."

A seguito di questo quanto mai esplicativo esempio, lo scienziato afferma che si può spezzare tale giuoco suggestico con la "consapevolezza"(che invinto ad approfondire) oppure con un altro metodo: Identificare il programma ed eseguire una procedura per riscriverlo, ergo lavorare su noi stessi.

In conclusione il biologo afferma che il pensiero positivo funziona solo se le credenze nel subconscio sono in linea con esso, o se si è completamente attenti. Pertanto Lipton spiega che se si è davvero attenti e si usa quel desiderio di essere positivi e far funzionare le cose, allora è possibile accorgersi di quanto il subconscio ci imponga il suo nastro, che noi possiamo cancellare.

Tuttavia in assenza di attenzione, non conduciamo noi lo spettacolo e pertanto come spiegato nasce il "conflitto", di squisita matrice umana.(ancora una volta non esistono miti di sorta, tutto è dentro noi).

Il professore sostiene: "No, il mondo non vi è contro, sono i programmi limitanti ed auto-sabotanti che acquisiamo in gioventù. Qui è dove dobbiamo azzerarci."

Ora, dopo aver riportato ed analizzato il nuovo volto scientifico della concezione di intelletto cellulare, delle ragioni intrinseche per le quali la scienza ancora non riesce a spiegare le funzioni celebrali e sopratutto delle autolimitazioni subconscie che l'uomo si è creato, arriviamo a scardinare Dio.

Tutto quello che Lipton ha studiato scientificamente ha riscontro nella storia dell'uomo, nel suo perpetuo altalenare in limitazioni, mortificazioni, autosuggestioni atte ad annichilirsi nella sua perversa natura feticista.

I Miracoli, le autoguarigioni sono facilmente identificabili come "nostre" prerogative, di macchine in fase di perfezionamento quali siamo (o forse dovrei dire "eravamo").

Invece l'uomo ha dato il merito di tutto da Dio, nella sua più oscena codardia, di non prendere in mano le redini della sua esistenza da quando l'emisfero destro ha creato ponti cognitivi tra le emozioni del corpo e la mente.

L'eterna insoddisfazione, nasce esclusivamente dal conflitto del "vivere" e del "pensare". Tutto nasce dalle cellule, anche loro senzienti, e l'organismo stesso ha una sua coscienza che la nostra anomalia encefalica-cognitiva manipola e distorce, producendo autoinganni e danneggiando persino noi stessi.

Mi sento di concludere questa magna trattazione dando ragione a Lipton, e ai più recenti studi che conferiscono all'uomo la sua unicità, e sopratutto è di fondamentale importanza riflettere con la propria mente in modo lucido, individuando meri movimenti speculativi anche nella scienza, atti a ricevere solo sovvenzioni economiche.

Gli uomini, lasciano sempre un testimone, da raccogliere. Sta a noi quale scegliere per correre nel miglior modo possibile.

venerdì 10 giugno 2011

Eziologia del genio e del mostro umano in correlazione ai disturbi nei rapporti umani - Parte II

Nella prima parte mi sono proposto di rendere l'aspetto concettuale puramente analitico della condizione di genio, delle anomalie emotive e del ruolo fondamentale delle stesse nel condizionare la mente. In questa seconda parte esploreremo ed approfondiremo l'aspetto corporal-emotivo in contrasto con la mente in relazione all'autonomia fisiologica e cardiaca nella sfera decisionale ed interrelazionale.

Una degna prefazione a questa trattazione, la definirei in termini Evoluzionistici. L'uomo si crede perfetto, ed imparte è vero, ma solo in superficie. In quanto tassello di questo universo, con la sua verde età quantificabile a qualche milione di anni è stato in grado di conquistare un pianeta, grazie al suo straordinario encefalo. Eppure l'uomo pieno di sé, ignora ciò che è biologicamente, ovvero un agglomerato cellulare che dispone di una sua autonomia ed una sua "mente". La mente antica del corpo, ha compiuto uno sforzo immane per tenere la vita attaccata alle membra in milioni di anni. Pertanto il corpo ha maturato, come ben illustrato in "la Mente e le Menti"[Dennet, Daniel], una sua capacità decisionale a fronte delle più disparate situazioni, da quelle individuali passando per le collettive. Esempi banali sono gli impulsi che il corpo attiva in netto contrasto con le decisioni dell'encefano: Arrossire a fronte di un ben preparato discorso, ad esempio. Pertanto nella suddetta trattazione si evince che l'uomo non è ancora in grado di rendere un progresso non deleterio, ma semplice progresso, in quanto volontà dell'encefalo e non della mente e degli impulsi del corpo.

Riportando invece, un fondamentale passaggio del grande Damasio, nel libro "l'Errore di Cartesio": "Le rappresentazioni che il cervello costruisce per descrivere una situazione, e i movimenti elaborati come risposta, dipendono da mutue interazioni tra corpo e cervello. Via via che il corpo cambia, per influenze chimiche e neurali, le rappresentazioni che il cervello ne costruisce si evolvono; alcune rimangono non consce, mentre altre raggiungono la coscienza. Allo stesso tempo, al corpo continuano ad affluire segnali provenienti dal cervello, alcuni in modo deliberato e altri in modo automatico, provenienti da settori del cervello le cui attività non hanno rappresentazione diretta nella coscienza. Il risultato è che il corpo si modifica ancora, e quindi si modifica l’immagine che se ne ha.
Se il cervello si è evoluto in primo luogo per assicurare la sopravvivenza del corpo, allora quando comparvero cervelli dotati di mente essi cominciarono con il por mente al corpo. La natura si imbatté in una soluzione molto potente: rappresentare il mondo esterno in termini di modificazioni che esso provoca nel corpo, cioè rappresentare l’ambiente modificando le rappresentazioni primordiali del corpo ogni volta che si ha un’interazione tra organismo e ambiente."

Senza approfondire ulteriormente tali studi, seppur di magno interesse, e citando il "marcatore somatico" sempre di Damasio, si evince che il corpo ha una sua autonomia, di età ben più veneranda rispetto all'encefalo. Tutto è esemplificabile in termini evoluzionistici-scientifici.

Tornando sulla mente e sul genio, possiamo affermare che l'anomalia è la sua madre. Ciò porta a chiedersi se il "genio" ha consapevolezza di se o se soffre nella sua condizione alienante, dove il concetto di normalità è reciprocamente inteso da ambo le parti sociali in quanto schiavo dell'abitudine e della consuetudine. E sopratutto a fronte di quanto riportato poco sopra, è facile interrogarsi sul ruolo della mente del corpo di un autistico ad esempio, in relazione al suo encefalo posto in un anomalia funzionale. Teoricamente dovrebbe sempre esistere una simbiosi tra il cervello e la "coscienza del corpo".

La coscienza non è altro che una derivazione da quella del corpo stesso. Non è altro, che il risultato di miliardi di interazioni cellulari esposte al mondo, immagazzinate nel sempre crescente encefalo in modo più o meno conscio.

Pertanto il "calore delle emozioni" è da intendersi come mediazione corporal-encefalica e cardiaca.

Il genio è da intendersi quindi come un normale essere umano anch'egli in costante evoluzione, e ciò è dimostrato dall'incoerenza nel rapporto cervello-corpo.

Coscienza. Cognizione del Mondo, sono pertanto in fondamentale relazione con la stessa del corpo. Elettroni, impulsi che viaggiano per preservare la nostra esistenza e ciò che viene filtrato da questo marasma evoluzionistico è "il sentimento", così caro ai disperati ermeneutici, in lotta per una fuga irrazionale, degna dell'uomo attuale, ancora decisamente lontano da un equilibrio vero che gli conferisca quella dignità che spesso perde per strada.

In altra sede, si disquisiva della vita oltre morte. E allora, alla luce di quanto detto, adagerei sul tavolo etereo della sezione impietosa la coscienza stessa in relazione al sentimento. Cosa accadrebbe con esattezza, ad un individuo che ha vissuto metà della sua vita avendo una cognizione della realtà ed a seguito di un incidente restasse menomato ed incapace di utilizzare la mente? Cosa accadrebbe dentro tale soggetto? Possiamo ancora asserire che la sua coscienza è conservata nella sua mente, nel suo corpo, o nella sua anima per la vita oltre morte?

Come sarebbero, pertanto da interpretare i giorni vegetativi vissuti da tali individui? Stesso discorso per chi nasce con la trisomia del cromosoma ventuno. Che genere di esperienza maturano tali soggetti? Possiamo parlare, pertanto di pochi fortunati che riescono a saldare la loro coscienza nell'energia spirituale oppure ci addentriamo in mera speculazione metafisica?

E se gli esempi di morte in merito alla descrizione della "realtà" fossero abilità della mente e non di un energia spirituale?

Ora non tratterò in questo post il discorso relativo a Dio, alla funzione degli esseri umani in concomitanza della loro facoltà decisionale e del libero arbitrio(che già per definizione confuterebbe Dio).

Mi limito a concludere che, seppur lontani da una parvenza di perfezione, l'uomo dovrebbe canalizzare la conoscenza di se accettando la sua condizione contradditoria, in fase di sviluppo evolutivo, che probabilmente non avverrà mai in modo completo, poichè le specie a volte si estingono e comunque il Sole è a metà della sua vita.

Non v'è modo di vivere questa vita meglio di quanto l'uomo stesso non faccia, l'evoluzione è lenta e millenaria, inconscia nell'azione. Wilde aveva ragione: ogni uomo non è più di ciò che è e non sarà più di quel che è stato.

mercoledì 8 giugno 2011

Eziologia del genio e del mostro umano in correlazione ai disturbi nei rapporti umani - Parte I

Come già anticipato nell'ultimo commento, mi appresto a stendere un interessante studio ed osservazioni attorno al genio, massima espressione della creatività umana, fautore di un vero progresso e della qualità della vita.

Un enorme mole di studi ha dimostrato che la condizione di genio, deriverebbe dalla sindrome di Asperger, una particolare forma d'autismo che mina i rapporti interpersonali decretando l'alienazione dell'individuo in se stesso. Questo intricato nonchè intrigante concetto è magistralmente reso nel libro "Il prezzo del genio: la sindrome di Asperger e la storia irlandese".

Nel libro in questione, si parla del professor Michael Fitzgerald, e delle sue scoperte in merito ai legami tra livelli eccezionali di creatività e la sindrome di Asperger. Difatti egli tra le figure più importanti del secolo scorso, che riteneva fossero colpite da questo disturbo dello sviluppo, si citano il poeta vincitore del premio Nobel W.B. Yeats e il politico Eamonn de Valera.

Parlando in merito all'autismo spiega: "è caratterizzato da uno scarso contatto oculare, dall'incapacità di interpretare l'espressione dei volti e il linguaggio non verbale e da problemi nell'instaurare rapporti con gli altri. Viene chiamato anche ‘cecità mentale’ poiché le persone colpite da autismo hanno scarsa empatia e sensibilità nei confronti dei sentimenti altrui. Parlano alle persone senza alcuna reciprocità e hanno una forte tendenza al controllo”.
Pertanto si può dire che la sindrome di Asperger è una forma di autismo definibile high functioning in quanto le persone che ne sono affette hanno tendenzialmente quozienti intellettivi più elevati rispetto a quelle colpite da semplice autismo.

Secondo Fitzgerald, esistono concrete ragioni per credere che la guerra civile avrebbe anche potuto non avere mai luogo, se non fosse stato per l'ossessività peculiare nella personalità di de Valera. A discrezione del professore la sindrome di Asperger ha un carattere ossessivo: "I bambini autistici sono molto ossessivi e totalmente concentrati su uno scopo. Gli adulti affetti dalla sindrome di Asperger amano stare soli ed hanno un'ambizione e una pertinacia fuori dal comune. Se necessario, consacreranno la propria vita ad una causa e non avranno un grande interesse ai rapporti coi propri simili. Non sono persone facilmente distraibili".

Sempre riportando un passagio chiave del testo in via di sunto, è asseribile che sull' autismo e la creatività è incentrato principalmente il genere maschile. Il professor Fitzgerald si accorse che durante la stesura del libro su tale sindrome, tutto faceva capo all'encefalo maschile: "La sindrome di Asperger è una forma estrema del cervello maschile. Se volete comprendere il maschio nella sua forma più estrema, leggete questo libro. Gli uomini tendono ad essere ciò che io definisco ‘sistemizzatori’: sono logici e razionali. Le donne tendono ad essere più empatiche, sensibili ai sentimenti altrui, portate alle relazioni sociali e così via".

Pertanto in ultima analisi, si può dire che "Il prezzo della normalità, dell'essere una persona normale, è il non essere un genio. La persona normale sa instaurare delle relazioni con gli altri, ama stare tra la gente e non è molto creativa. Non credo che si possa essere un genio senza presentare qualche anormalità nelle relazioni con gli altri. C'è un forte squilibrio tra creatività straordinaria e personalità immatura. Il prezzo del genio è una carenza nelle relazioni sociali".

Questi studi infatti trovano un feroce riscontro in un caso nazionale scoppiato nell'Indiana, riportato su questo sito: http://www.gexplorer.net/archivio2/2011/03/dodicenne-autistico-smonta-la-relativita-di-einstein-teoria-debole-e-infondata/ in cui vi è questo dodicenne autistico che pare stia lavorando alla confutazione della teoria della relatività di Einstein, dopo fulminei apprendimenti fisici e matematici. Egli, dice, che tale teoria non lo convince. E non si può escludere che le leggi fisiche di oggi domani saranno confutate, benchè ciò appaia impossibile ai più.

Qualcuno in passato affermò che l'uomo non avrebbe mai scoperto cosa fossero le stelle, ed espresse anche l'impossibilità di raggiungerle. Eppure oggi sappiamo praticamente ogni cosa delle stesse.

Ora, emulsionando tali scritti, analisi dell'encefalo umano, è facile dedurre una inversa proporzionalità tra i rapporti umani e il genio, esasperazione dell'autismo maschile in relazione alla sindrome di Asperger. Possiamo affermare che i disturbi relazionali sono in correlazione con altre qualità che sono determinanti per il progresso stesso. Anche se tuttavia a volte i disturbi relazionali sono deleteri, citando il caso di Adolf Hitler.

Non era uomo affetto d'autismo o da particolari sindromi, eppure essendo affetto da impotenza, incontenza e provvisto di un solo testicolo, utilizzando come catalizzatore le sue accertate origini ebraiche, ha canalizzato il suo odio in una trasposizione di se nel popolo ebraico, istituendo idealisticamente la razza ariana a modello universale di perfezione.

E' facile intuire che nella normalità individuale potrebbe risiedere mera banalità, eppure in tal campo entra in gioco l'aspetto maggiormente potenziato a dispetto dell'autismo, ovvero l'emotività plasmata sui rapporti umani.
L'esempio che amo citare maggiormente per descrivere l'influenza di tali rapporti sulla psiche e sul cuore è quello di Alessandro Manzoni.

Il senso comune descriverebbe la sua conversione al cattolicesimo come lentamente ponderata e maturata, eppure in realtà il suo titubare era cessato dopo che conobbe Enrichetta Blondel. Infatti anche se nel frangente in cui risiedeva a Parigi, il contatto con ecclesiastici giansenisti incise anche sulla conversione religiosa, Manzoni non fece mai luce sul ritorno alla stessa, per questo motivo, è quasi vano tentare di ricostruirne le fasi interiori. In via molto ufficiosa, si suppone che dovette essere importante l'influenza della giovane moglie, Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere ginevrino, che conobbe sulle colline bergamasche a Blevia. A seguito di una svolta interiore sostanziale della Blondel, ad opera dell'abate Degola si avvicinò al cattolicesimo e fece battezzare la figlia Giulia Claudia con rito romano e poi in seguito convinse Alessandro a risposarsi con rito cattolico.

E' facile desumere che se il Manzoni non si fosse imbattuto nella Blondel in un idilliaco incontro sulle colline bergamasche, egli avrebbe quasi certamente composto altre opere al posto degli Inni Sacri.

Il ruolo sentimentale, emotivo del cuore pertanto riesce a piegare la ragione, normal ragione esente pertanto da patologie . Eppure il saggio Cavalcanti già intuì il ruolo fondamentale del cuore. Egli parlava dei famosi spiritelli che trasformavano la realtà dell'innamorato e risiedevano nella parte sinistra del cuore. Effettivamente è proprio tale parte ad avere una sua emotività positiva e negativa, ergo un universo opposto a quello meccanico-razionale encefalico.

Concludo asserendo che le rivoluzioni sono figlie dell'estremismo di qualunque natura.

martedì 7 giugno 2011

Considerazioni attorno alle altalenanti ideologie umane - Parte I

Sezionando cronologicamente le correnti di pensiero, è possibile desumere l'incapacità umana nell'apprendere un modello vita che rifugga dalla semplice condizione di uomo.
Da sempre vinto dai terrori escatologici, ha vituperato miti e leggende atte a esorcizzare tali mali interiori in un infinito proselitismo multireligioso, che avrebbe coinvolto in piena apolidia qualunque individuo, come di fatto è accaduto. L'antica Roma nel suo splendore ha ceduto il passo all'oscurantismo medievale, per poi tramontare a favore della riscoperta dell'uomo nell'umanesimo e nel rinascimento. Arriviamo quindi da li a poco dopo alla riscoperta bucolica e georgica della vita, la celebrazione agreste dell'egloga, una sentita vicinanza alla natura. Tuttavia lacerando il sottile tessuto multi-ideologico arriviamo ai limiti umani psico-emotivi, esenti dall'evoluzione a dispetto della controparte funzional-somatica e motoria . Sommariamente pare che l'essere umano sia lucidamente folle e masochista nell'altalenare e nell'infangare se stesso e la sua grandezza nelle rilevanti facies storiche ma si evince il bisogno umano di relazionarsi con un essere "super partes".
Non si allude, pertanto alla semplice svolta, nel lenire la caducità della vita, la conservazione della coscienza post mortem, ma come hanno magistralmente illustrato grandi autori del novecento quali Pirandello o il filone ermetico, esiste "l'incomunicabilità" tra gli esseri umani. Gli uomini, hanno da sempre giocato in modo sofista e con una connivenza oscena della loro stessa coscienza pertanto, a imporre un principio d'autorità simil aristotelico, ergo "La persona di maggior spicco detiene il vero sapere". Ma la vera incomunicabilità prende forma prioprio dalla condizione soggettiva, ergo l'uomo del gruppo si fa forza dalla collettività. La denuncia dei mali, delle sofferenze, la seppur illusioria bontà umana in condizioni rigorosamente pauperistiche(come disse anche Pasolini) non cambia la condizione di sofferenza con la quale gli uomini nascono. Le paure più segrete, i dolori più reconditi, inconfessabili tra i nostri simili in quanto perverrebbe la vergogna, la svalutazione individuale, il totale senso di insoddisfazione nel non riuscire a trovare acqua nel deserto, porta a rivolgersi, in modo commovente, a Dio. I più hanno difeso le teologie in quanto extra-umane, eppure anche le ideologie comuniste sono utopiche e irrealizzabili nelle fila delle società. Pertanto è fallace avvalersi di tali principi e decantarli divini. Il Padre Eterno. Il padre che ogni uomo vorrebbe avere, a cui confessare l'inconfessabile, interrogarlo su tutto ciò che l'uomo non riesce a comprendere, chiedergli una vita di luce. Un padre al quale mostrare il proprio scrigno interiore, permeato di una lingua incomprensibile tra gli umani stessi. Ma è ancora più commovente guardare chi esponendo le dottrine teologiche cerca di convincere prima se stesso nell'esposizione. Uomini dell'istituzione chiesa e credenti sono spesso accomunati da questa esasperata ricerca di una prova dell'esistenza divina. Guardando i loro occhi e le loro labbra nella loro esposizione si scorge spesso quella pausa di riflessione ed incertezza, atta a ottenebrare la mente che come un veleno vuole soffocare la parassitaria fede. E allora la massima manifestazione evocativa avviene nel luogo di culto, emblema del dolore, della sofferenza e del riscatto dalla morte. Le cose che maggiormente incidono sull'individuo sono gli odori e gli echi, che gettano il disagiato in uno stadio evocativo, come se all'interno della chiesa stessa si manifestasse qualcosa di divino. Una lucida suggestione, un masochismo ed un feticismo interiore, fatto di morbosi crogioli di litanie, vociferati e perpetrati nei secoli.

In questa prima parte ho esposto in linea generale le mie trattazioni future, accorpate in un discorso generico per motivi di tempo. Ma sezionerò, asporterò e centrifugherò ogni singolo aspetto, con il sussidio di studi approfonditi e recenti sulla mente e sul ruolo sentimental-emotivo del cuore.

lunedì 6 giugno 2011

Ripresa Analitica

Dopo un lasso di tempo, torno a Pensare. Incentivato da validi compagni intellettuali riapro il mio blog in una "Realtà Eterea". Un luogo immateriale che tuttavia esiste, ha un peso e produce vera analisi di questo mondo, libera da moralismi, consuetudini, bisogni d'integrazione emotiva e o d'approvazione nella sfera dell'autostima, da sempre avida nella natura umana.
Come ho anticipato nell'inquadramento, io non concepisco il blog come una sede atta a ricevere dolci parole di conforto in merito ai propri pensieri e alle esperienze personali. Non è un diario con lucchettino, non è un posto dove ricercare autostima ne una mera vetrina di pensiero e sopratutto non ho bisogno di commenti ipocriti. Siate voi stessi, anche a costo di criticare le mie analisi e cercate anche di confutarle senza alcun timore. In passato ho impugnato molte volte i miei bisturi eterei per incidere a fondo l'animo umano, carico di ipocrisie, contraddizioni, innate debolezze e luoghi oscuri dell'inconscio. Questa volta analizzerò la cronologia dei grandi del passato e loro stessi, il loro pensiero, la società odierna sempre in riferimento alla viciana involuzione-rivoluzione dell'animo umano, e della sua mente tremendamente connivente in merito. Siete i benvenuti, a presto.