martedì 25 ottobre 2011

Intelletto emotivo e neurocardiologia: analisi e ipotesi di progresso conoscitivo sulla pompa ematica, il Cuore

La precedente trattazione si proponeva di illustrare una rosa di intelligenze insite nel sistema nervoso centrale, ergo nell'encefalo e nel midollo spinale che attraverso le vie efferenti trasferisce gli impulsi nervosi alla periferia del corpo. Circoscrivendo l'intelligenza emotiva, cercherò di analizzare il possibile nesso o la probabile origine di questa facoltà. Recenti studi ed indagini estese ad altri organi quali il miocardio hanno evidenziato la presenza di neuroni nello stesso, pertanto si sono gettate le basi per la neurocardiologia.
Data la complessità dell'argomento nonchè la sua notevole ridondanza, un magno studio che espone l'argomento della neurocardiologia è il seguente: http://www.soundgenius.org/documenti/neuroni-nel-cuore/ nel qual caso gradite approfondire l'argomento, che in questa sede cercherò di riassumere riportando alcuni passaggi ed analizzare. Il Cuore concettualmente racchiude un connubio di simbolismi, archetipi e metafore che inconsciamente o istintivamente sin dall'antichità hanno influenzato varie culture, letterature e filosofie, nonchè in primo luogo l'essere.
"Per gli egizi il geroglifico del cuore raffigurava un piccolo vaso entro cui era contenuta l’anima. Il cuore pesato al momento della morte decideva la sopravvivenza dell’anima o la sua distruzione. Nella concezione comune il cuore insieme al fegato è l’organo anatomico più citato nelle espressioni aforistiche, “colpire al cuore”, “essere senza cuore”, “avere un cuore da leone o un cuore leggero”, per esprimere alcune delle metafore d’uso comune."

"Nella medicina cinese il Cuore è un ideogramma che riproduce l’abbozzo del cuore anatomico, una struttura cava, aperta in alto, capace di ricevere informazioni, messaggi, emozioni e nello stesso tempo dopo averle rese coscienti, permettere loro, con la circolazione del sangue, di raggiungere ogni zona del corpo. Il Cuore rappresenta l’Imperatore che svolge due grandi compiti: governare i vasi e il sangue e ospitare lo Shen, termine di difficile interpretazione che i cinesi moderni traducono con la parola mente."

"Il Cuore è l’organo regale che permette l’integrazione tra corpo e spirito, crea le connessioni tra centro e periferia, porta alla coscienza le sensazioni esterocettive, enterocettive, propriocettive, realizza l’esperienza unitaria di se stessi e della propria vita. Nella antica medicina cinese il Cuore svolge le funzioni che in Occidente si attribuiscono al Sistema Nervoso Centrale.
Lo Shen è dunque tutto ciò che permette l’espressione delle funzioni cognitive superiori, come la coscienza di sé, il ragionamento , la capacità di giudizio, la consapevolezza, il pensiero, l’intelligenza. Dalla sua funzione integrante nascono la intuizione e la saggezza."

E' facile intuire come nel passato si attribuisse alla pompa ematica una sorta di
facoltà intellettiva, che solo oggi grazie alla scienza possiamo analizare in modo appropriato questo "quid pluris" con cognizione al di là dell'intuizione.

"Gli ultimi studi di neurocardiologia sui circuiti di comunicazione tra cuore e cervello confermano incredibilmente questa antica intuizione cinese.
Il cuore agisce come se avesse una sua propria “mente”, una intelligenza mista,
emotiva e razionale, che influenza profondamente il nostro modo di percepire il mondo, la nostra capacità di risposta agli stimoli ambientali, agli stati emotivi, regolando e modulando i sistemi che presiedono le attività logiche e viscerali. La presenza di neuroni nel cuore spiega la presenza di una “mente” che non serve solo ad avviare e mantenere il battito cardiaco ma ad inviare segnali di armonia a tutte le strutture corporee."

"Il Cuore possiede una rete di decine di migliaia di neuroni, capaci di contenere percezioni proprie, di memorizzare informazioni provenienti dall’esterno e dall’interno, di inviare segnali al cervello in misura maggiore di quanto non ne riceva da questo. Inoltre si comporta come una piccola fabbrica di ormoni."

Qui possiamo ipotizzare che, alcune azioni guidate da intelletto, siano impartite dal cuore che probabilmente rielabora in modo differente delle informazioni rispetto all'encefalo e da qui possiamo individuare ulteriori aree periferiche intellettive, a maggior ragione di carattere emotivo.

"Il cuore facilita il funzionamento del cervello e questo si traduce nell’acquisizione di una nuova capacità di gestire emozioni come la collera, l’ansia, la depressione."

"Quando viene concepito un bambino, il cuore batte e si forma completamente nell’embrione umano prima che il cervello venga formato.
E’ probabilmente perquesta sua preesistenza, che il cuore influisce primariamente sul cervello piuttosto che assecondarne l’influenza."

Il fatto che il cuore di un feto inizia a battere dalla quarta settimana, mentre il cervello inizia a crescere a partire dalla ottava, potrebbe essere non solo un segno di priorità funzional-fisiologica in quanto organo deputato alla distrubuzione ematica, ma probabilmente vi è un interscambio o una influenza vera e propria a carico dell'encefalo nella sua formazione. Si possono ipotizzare pertanto svariati scenari individuali, inerenti a predisposizioni intellettetive magari mediate in parte emotivamente dai genitori e racchiuse nel cuore del feto, che daranno disposizioni in particolari direzioni, a prescindere da qualunque tipo di educazione o esperienze di vita.

"Il cuore con il suo elettrodinamismo è il detentore di un codice di risonanza che attira le particelle del nostro corpo, che attraverso le proprietà generali della legge di coerenza, variano le interazioni biochimiche e ioniche, comunicano senza dispendio di energia e mutano le singole note che diventano accordi, voci, messaggi. Sembra questa una risposta profonda al problema storico del”uno” e del “molteplice”. Se la materia vivente è una sintesi di coerenza e non coerenza, anche la nostra vita appare un delicato equilibrio tra questi due stati.
Il ritmo cardiaco è il ritmo della vita in quanto sistema oscillatorio in un universo di altri sistemi che oscillano tra una realtà materiale ed energetica che non si oppongono ma si integrano.
La comunicazione cardioelettromagnetica è una fonte poco nota di scambio di informazioni sia all’interno di noi stessi sia con le persone che ci circondano. Le emozioni si percepiscono nel cuore, non nella testa, le emozioni si “attaccano” agli aspetti molecolari e biochimici del nostro organismo. La collera, l’ansia la tristezza la depressione, le preoccupazioni seminano il “caos” nella nostra fisiologia e questi passaggi caotici quotidiani corrispondono a perdite di energia vitale (qi)."

Decisamente importanti anche questi passaggi che collocano il Cuore
in una posizione di rilievo nell'equilibrio energetico ed elettromagnetico, e di riflesso psico-fisico. Ringrazio Angela Di Bari per il suo mirabile ed eccelso trattato sulla complessa questione. A fronte di tali studi, analisi, parallelismi con le corrette intuizioni del passato, è possibile interrogarsi in cosa tutto questo si traduce.

L'intelligenza emotiva, è pertanto detenuta dal Miocardio?
Esistono altri organi dotati di neuroni deputati ad immagazinare informazioni? Ma sopratutto se le informazioni scambiate nei neuroni non sono altro che impulsi elettrici, che generano un campo elettromagnetico, è possibile trasmettere tali informazioni ad un altro individuo, tramite un trapianto, oppure ad un figlio?

L'organo cavo che è situato nel mediastino, ergo il Cuore,
pare che svolga un ruolo comunicativo molto profondo tra gli esseri umani, scambiando vibrazioni e forse informazioni incondizioantamente.
Che sia questo ciò che si chiama intuito o sesto senso? L'intelligenza, e la percezione sensoriale del Cuore?

Oppure solo chi ha quest'area cardiaca più sviluppata riesce ad avere facoltà esclusive? In fin dei conti è una questione di proporzioni.
L'encefalo di un elefante è ben più grande di quello umano, eppure è piccolo in relazione alla sua mole totale.
Stesso discorso è applicabile alla sua proboscide contenente ben 150000 muscoli, rispetto ai nostri 656 muscoli totali.
L'essenza pertanto prescinde la forma.

Si può quindi concludere che il Cuore potrebbe disporre di un intelligenza che convive con quella dell'Encefalo; un intelligenza insondabile, forse riflesso del carattere, forse silente ma operativa.
L'evoluzione ci conduce in una direzione dettata dall'ambiente.
Un tassello in più nel mosaico del nostro universo.

lunedì 26 settembre 2011

Considerazioni attorno alle Intelligenze multiple in relazione alla psicometria classica

Nell'indagine dello straordinario universo chiamato encefalo, che ogni essere umano racchiude nella scatola cranica, si è giunti a studiare l'ineguagliabile luce che tale organo in tempi relativamente recenti ha iniziato a emanare: L'intelligenza. Etimologicamente rispecchia la facoltà di comprendere svariati comparti del Mondo, di maturare l'esperienza propedeutica alla rielaborazione. In doppia accezione colta-popolare andiamo dalla "intelligentia" che altro non riguarda la "lettura tra le righe" in modo stringatamente suntivo.
In virtù della natura umana atta alla misurazione e alla creazione di modelli utili alla comprensione, si è giunti allo sviluppo della "psicometria", che si proporrebbe di comparare individui per facoltà intellettive.
Attraverso il test di Stanford e Binet arriviamo al concetto del famoso "quoziente intellettivo", inteso come il rapporto tra l'età mentale e l'età cronologica moltiplicato per cento. Limite di tale prova era nell'evidente valutazione di aspetti logico matematici, indagando pertanto un solo comparto dell'encefalo umano.
Successivamente lo psicologo Gardner ha distinto ben nove tipi di intelligenza;

"- L'intelligenza linguistica: riguarda la facoltà di fruire di un registro comunicativo, chiaro ed efficace essendo in grado di modificare in base alle circostanze la complessità espressiva e chi la possiede maggiormente aplificata tende a riflettere sul linguaggio stesso. E' intuibile che la categoria in questione riguarda linguisti, scrittori e filologi.
- L'intelligenza logico-matematica: tale facoltà concerne il ragionamento deduttivo,
e la capacità di schematizzare e di concatenare in modo logico eventi o simboli. Interessa ambo gli emisferi sinistro e destro; il primo è atto alla memoria dei simboli matematici, nel secondo avviene la rielaborazione degli stessi. Tale categoria riguarda ovviamente matematici e individui propensi alle varie ingegnerie o alle scienze.
- L'intelligenza spaziale: intelligenza che si manifesta prevalentemente nella creazione di arti figurative. Riguarda la capacità di percepire forme ed oggetti nello spazio. Il possessore normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli ambientali e le caratteristiche esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati e riconosce oggetti tridimensionali in base a schemi mentali molto complessi.
- L'intelligenza Corporeo-Cinestesica: coinvolge il cervelletto in quanto organo deputato all'equilibrio, i gangli fondamentali, il talamo e vari altri punti del nostro cervello.
Chi la possiede ha una padronanza del corpo che gli permette un ottima coordinazione dei movimenti. Si può riferire a chi fa un uso creativo del corpo, come i ginnasti e i ballerini.
- L'intelligenza Musicale: È la capacità di riconoscere l'altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. Chi ne è dotato solitamente ha uno spiccato talento per l'uso di uno o più strumenti musicali, o per la modulazione canora della propria voce.
E' localizzata nell'emisfero destro del cervello, ma le persone con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro.
- L'intelligenza interpersonale: Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. Si può riscontrare specificamente nei politici e negli psicologi, più genericamente in coloro che possiedono una spiccata empatia e abilità di interazione sociale.
Interessa tutto il cervello, ma principalmente i lobi pre-frontali.
- L'intelligenza intrapersonale: concerne la capacità di comprendere la propria individualità, di saperla inserire nel contesto sociale per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di sapersi immedesimare in personalità diverse dalla propria. E' considerata da Gardner una "fase" speculare dell' intelligenza interpersonale, laddove quest' ultima rappresenta la fase estrospettiva.
- L'intelligenza naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli in un ordine preciso e cogliendo le relazioni tra di essi.
Alcuni gruppi umani che vivono in uno stadio ancora "primitivo", come le tribù aborigene di raccoglitori-cacciatori, mostrano una grande capacità nel sapersi orientare nell' ambiente naturale riconoscendone anche i minimi dettagli.
- L'intelligenza esistenziale: rappresenta la capacità di riflettere consapevolmente sui grandi temi della speculazione teoretica, come la natura dell'universo e la coscienza umana, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle categorie concettuali che possano essere valide universalmente.
Questo tipo di intelligenza è maggiormente posseduta dai filosofi, e in una certa misura dai fisici."

Ulteriore distinzione intellettiva interessa "l'intelligenza emotiva", aspetto senza dubbio affascinante in quanto parrebbe contrastante e dicotomico in virtù dell'ossimoro in questione.

Secondo determinati psicologi tale facoltà consiste, nella capacità di riconoscere, valutare e gestire in modo consapevole le proprie e le altrui emozioni. Tale argomento meriterebbe un adeguata ed esaustiva trattazione che verrà esposta tempo permettendo.

Tuttavia parliamo della consapevolezza delle proprie emozioni, direi, in determinati casi di impugnarle e dominarle.
Essere consapevoli delle proprie emozioni è determinante nella creazione di una vita sociale ricca, che naturalmente consta e si fonda sulla capacità e sull'abilità empatica.

Difatti: "L'utilizzo di questa forma di intelligenza si fonda sulla capacità di intuire i sentimenti,
le aspirazioni e le emozioni delle persone che ci circondano e di avere una piena cognizione del proprio stato d'animo.
Questo consente di orientare opportunamente i comportamenti a favore di obiettivi individuali o comuni."

Secondo Goleman le caratteristiche fondamentali di tale singolare intelligenza, si riassumono nei seguenti punti:

"- Consapevolezza di sé, la capacità di produrre risultati riconoscendo le proprie emozioni;
- Dominio di sé, la capacità di utilizzare i propri sentimenti per un fine;
- Motivazione, la capacità di scoprire il vero e profondo motivo che spinge all’azione;
- Empatia, la capacità di sentire gli altri entrando in un flusso di contatto;
- Abilità sociale, la capacità di stare insieme agli altri cercando di capire i movimenti che accadono tra le persone."

A seguito di tali introspezioni ed estrospezioni dall'individuo alla collettività senziente, è auspicabile una indefinibile qualità intellettiva attribuibile al singolo.

Risulta anche evidente e necessaria un auto-indagine atta alla comprensione di sé stessi, per indirizzarsi meglio in un ambito del tessuto sociale.
Altro aspetto di grande rilevanza è il discorso inerente allo sviluppo dell'intelligenza.
Fondamentalmente allenare la mente, svilupperebbe anche una determinata intelligenza.

L'indagine dell'Encefalo, anche se pare sempre paradossale per la famosa frase di uno psicologo:
"Cercare di comprenderlo totalmente implicherebbe quasi trascenderlo, quindi di trascendere noi stessi" continua, e dècade dopo dècade rivela la sempre crescente complessità dello stesso.
Il QI pertanto risulta decisamente riduttivo, e forse anche test opportunamente ponderati per altre intelligenze non terrebbero conto della questione riguardante lo sviluppo delle stesse.
Scolasticamente, vengono potenziate le materie linguistico-scientifiche a scapito delle altre che hanno sempre un peso ed un ruolo minore salvo un discorso universitario.

Questi studi impongono, quasi come dovere morale di esplorare noi stessi anche provando a studiare materie che credevamo lontane. Potrebbero svilupparsi incredibilmente abilità sopite.
Stesso dicasi per pratiche fisiche che resteranno comunque archiviate per memoria procedurale, e potranno essere rielaborate ed eventualmente concatenate con studi annessi.

E' impressionante pensare ai più che non realizzano la loro potenziale importanza. All'universo di cui possono predisporre se lo indagassero e lo mettessero in moto. E' il vero motore del nostro successo e merita la massima attenzione anche se naturalmente lavora in incognito. Così come gli scienziati e il progresso plasmano il Mondo restando quasi nell'ombra rispetto a notizie di ben altra entità, così come nuovi prodotti approdano nelle catene di negozi senza che facciano notizia per eventuali innovazioni dal punto di vista tecnico, ergo dalla matematica che vi è dietro, anche gli individui devono evolvere.
L'estetica è sempre determinante in determinati rapporti interpersonali, le espressioni e il sorriso arrivano e riscaldano l'interiorità altrui consentendo anche estrospezioni, ma tutto fa capo sempre all'intelletto. E' la massima ricchezza ottenibile in questa vita, che fa giungere pertanto alla conoscenza.

giovedì 11 agosto 2011

Palingenesi speculativa in ambito biologico-scientifico

L'antropologia illustra inequivocabilmente anche la tendenza umana a sfruttare lucrativamente le fobie ataviche quali la morte.
E' questo un ulteriore esempio fornito dal "Test della morte", consistente in un semplice prelievo ematico che ad una analisi dei telomeri ricondurebbe la reale età individuale, tendenzialmente differente da quella anagrafica.
Tale analisi è stata ideata da un azienda spagnola con sede in Inghilterra e pare che abbia già diviso il fronte etico. Per i più si è difronte ad una speculazione lucrativa concernente le agenzie assicurative, in quanto è facile immaginare che gli individui consapevoli della durata approssimativa della loro vita si rivolgano più assiduamente per stipulare polizze in favore dei familiari. Il test prevede l'analisi dei telomeri dei cromosomi, le porzioni terminali di questi ultimi; la loro lunghezza è direttamente proporzionale alla durata della vita, pertanto
chi ha porzioni più corte dovrebbe essere prossimo alla fine. Il desiderio di conoscere la propria sorte, tentando di esorcizzarla vanamente con la conoscenza della durata della vita rappresenta icasticamente il limite umano. Il controllo. L'uomo ha sempre tentato di dominare il suo destino, o di dargli un senso. Non potendolo controllare tenta l'esercizio di tal funzione sulle masse che a loro volta controllano il sistema. Un tessuto sociale privo di instabilità, incapace di comprendere la vita come un flusso mutevole riflesso dell'evoluzione stessa, che comporta spesso sofferenza. La nascita inizia con il pianto; liberare i polmoni dal liquido amniotico e permettere alla piccola circolazione i primi scambi gassosi provoca dolore. Ci si interroga sul senso dello sbadiglio, del pianto perdendo spesso le verità essenziali. Leggi sulle previsioni esprimono il desiderio del controllo di questo Universo dinamico. L'Encefalo prova a sottrarre il corpo al processo di selezione naturale, indagando in modo sempre più invasivo la durata della vita. Anzichè comprendere che, così come le cellule cooperano per alimentare la vita anche noi dovremmo fare altrettanto, si ricerca la propria unicità in impobabili dottrine fondamentaliste. Si rinnega il dinamismo universale e si tende a creare eremi allotropici nei molteplici strati dell'animo, dove potersi fermare, illudendosi che esista un luogo permeato di staticità.
Rallentando la macchina universale, rallentiamo noi stessi e il nostro sviluppo psico-emotivo. Solo prendendo la vita come una corsa a perdifiato se ne comprende l'essenza, e dicotomica dalle aspettative razionali, che pleonasticamente si ripetono nella storia. Il prezzo del non dover restare indietro è non poter prevedere sempre la strada migliore, ma l'esperienza consente di avere una maggiore abilità orientativa. Correndo, si svilupperà maggiore resitenza, e come disse qualcuno "Alea Iacta Est", all'imbocco di una strada.

lunedì 11 luglio 2011

Forzature Mentali - Povertà della Natura Umana

Incipit: Questo articolo nasce da un discorso avvenuto con MikiMoz. Parlando con lui di vari argomenti, abbiamo toccato diversi punti che, si è notato, hanno un unico nodo principale: l’Uomo. E’ l’Uomo la causa e l’effetto di tutto? O davvero esistono forze superiori che regolano la vita dell’Uomo, ridotto a marionetta? O è l’Uomo stesso sceglie di vivere una vita da marionetta?
Quello che leggerete di seguito è una parte degli argomenti del nostro discorso, sviluppati in forma di post. L’altra parte, complementare, la trovate qui http://mikimoz.blogspot.com/.

Ancora una volta, cogitando attorno all'essere umano, pare inevitabile porre in essere la sua mendacità, correlata ad ogni singolo aspetto della sua esistenza.
In altre sedi si è disquisito esaurientemente delle invenzioni metafisiche a cui egli si assoggetta. Si tende ad antropomorfizzare in senso lato, perchè l'uomo non può vivere senza un "modello". La matematica, la fisica, il tempo. Sono tutti modelli virtuali che esistono per spiegare la natura ed il suo andamento. In altre ere, come ci insegna l'ominazione, l'essere umano ha sempre dato una ragione ad ogni evento. Il Fuoco, i fulmini. Erano venerati come dei, poichè l'uomo non era in grado di dominarli e di comprenderli. Pertanto la "falla" conoscitiva era riempita da una divinizzazione irrazionale.
In seguito si è imparato a dominare ed a controllare gli elementi; Una volta -compresi- hanno perso la loro accezione divina. La ragione essendo una macchina insaziabile, che per recare tranquillità emotiva al suo organismo, creerà "modelli" e si autoingannerà ove necessario, anche sulla sua stessa natura.

La natura umana. Sempre così ipocritamente resa come benigna. "Quel pastore è così ricco d'umanità". Umano. Dovrebbe essere nell'essenza ricco di bontà e buoni propositi, un pezzo d'argilla divino plasmato indefinitamente, ricordando il pensiero di Pico della Mirandola.(Il quale giustifica, quasi, la mutevolezza dell'animo umano in raffronto al disegno divino apparentemente -prestabilito- giustificando anche, pertanto, la questione del libero arbitrio.)

Come disse Joseph Conrad, nel suo romanzo "Con gli occhi dell'Occidente": "Non è necessario credere in una fonte sovrannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità."

Tale aforisma, decisamente eloquente, pone in essere il reale discorso della dualità umana, ed in seconda istanza implicherebbe che la controparte benigna dell'uomo è ben distante dall'avere una matrice sovrannaturale.
L'uomo si inganna, divorato dalla fame della conoscenza, nel convincersi che Dio si rivolga, tramite apparizioni dei suoi sottoposti, agli umili, ai più semplici, a coloro quindi che avrebbero continuato a credere, per tutta la vita, all'esistenza di una realtà certamente migliore.

Gesù disse: "Non mentite, e non fate ciò che odiate, perché ogni cosa è manifesta in cielo."
Eppure anche il più fervido credente, concepisce il cammino alla salvezza(da se stesso) come una "furbata", intesa come obbligo nei confronti di Dio, lungi dall'esser spontaneo.
Da ciò si evince che l'essere umano concepisce, nella sua più reale natura tutt'altro che benigna, l'ascesi come una "costrizione", così come si costringe all'evitare il furto o l'omicidio. E' facile desumere che in assenza di tale ricatto morale, la vera natura umana, si manifesterebbe e accadrebbero eventi analoghi a ciò che accadde subito dopo l'uscita cinematografica del "Codice Da Vinci": Un ragazzo europeo a termine della visione del film, ha ucciso alcune persone. La falla metafisica descritta poc'anzi, essendo stata riempita da nessi logici, ha "liberato" la natura umana.

Come può, Gesù, chiedere di non fare ciò che si odia solo perchè tutto è noto nei cieli? Pregare, seguire la retta via, sono azioni lontante dall'essere spontanee. Sono azioni atte alla salvezza, impongono catene, e la morte della libertà.

Lo stesso Dio, sarebbe intervenuto per l'uomo. Non si può pretendere di considerare l'eventualità di renderlo libero, ciò sarebbe contraddittorio.
I credenti devono sperare che Dio perdoni davvero Adamo ed Eva, e che smetta di perseguitare la razza umana per una ormai vetusta disobbedienza.

mercoledì 22 giugno 2011

Gli uni per la vita degli altri

In passato ho trattato la dipendenza e le correlazioni tra gli individui, l'essere gli uni schiavi della vita degli altri nel vorticoso mare delle aspettative in modo alternato alla consapevolezza individuale e collettiva, in una chiave psicologica e diramante nelle recondite profondità dell'inconscio. Pertanto traslerò il discorso in un contesto puramente "conscio" approfondendo alcuni aspetti di cui ho fatto cenno negli ultimi post, ovvero tutta la sfera delle nostre percezioni, i nostri schemi cognitivi, le idee che l'uomo ha del mondo. La coscienza(non in accezione etica) è quello che ci permette di essere ciò che siamo, è quello che ci permette di avere un bagaglio conoscitivo; la coscienza è la pista per le maratone dei posteri. Ma è anche ciò che ci ha indotto a creare un Padre Eterno, che sopperisse alla nostra condizione finita e pertanto timorosa in senso escatologico. Avendo trattato precedentemente questo tema teologico-metafisico con supporti scientifici rifacenti alla genetica, ora lo analizzero più filosoficamente, considerando ovvietà poi non tanto ovvie per i più. Difatti è sufficiente analizzare la totalità degli esseri umani per ritagliare meglio questo quadro metafisico. Se la vita ha una matrice divina, se ha un senso legato all'ascesi, vorrà dire che è un "privilegio" di chi è provvisto di coscienza. Chi nasce con la trisomia del cromosoma ventuno, o con altre malattie legate alla non disgiunzione dei cromosomi omologhi e alle polisomie, pertanto non avendo modo di maturare una "coscienza" e non avendo modo di vivere una vita senziente, per loro la vita sarà "strumentale".
Sì, si può affermare, restando sulla matrice divina, che siamo utili gli uni per la vita degli altri anche in queste condizioni. Probabilmente, un individuo può essere uno strumento per mettere alla prova un altro, ergo non serve una coscienza. Magari l'individuo deficitario avrà un altra vita per conquistare la vita eterna. Gli uomini fungono pertanto da carne da macello(divina) in lizza per il premio del "miglior martire" e dell'encomio "sofferenza perpetua". Oppure è la nostra coscienza arrogante e razzista, nel non aver pensato ad un Dio per i deficitari?
Come ho già fatto cenno, questo discorso è estendibile anche agli individui che perdono improvvisamente una maturata facoltà cognitiva.
E' possibile interrogarsi se tutto ciò che è stato vissuto sia archiviato nell'encefalo, oppure si dissolva come una nube elettronica, come ad esempio la formattazione di un HDD. Ma l'uomo senziente è così preso emotivamente dal suo ruolo finito che si rannicchia in se stesso e su se stesso abbracciando le sue gambe, altalenando e titubando su questioni "etiche" che lo espongono alla fiamma gelida della ragione su questioni quali l'aborto o l'eutanasia. Sì, è il disegno divino, e gli uomini si atterranno allo stesso pur non conoscendolo.

domenica 12 giugno 2011

Dualità encefalica nel corpo umano: simbiosi e dicotomie nell'immanenza della vita stessa

E' necessario un doveroso incipit per tale trattazione; data la mole concettuale, risulterebbe impossibile in un post, escindere gli aspetti teologici dello scibile umano nella sua cronistoria.
Cercherò quindi, di uniformare l'analisi da un punto di vista rigorosamente razionale, per arrivare agli ultimi e rivoluzionari studi genetici, la confutazione della teoria darwiniana, all'etica giustapposizione della parola "fine" al concetto di "Dio" e collegherò il discorso sul "potere della mente"(che a fronte delle ultime scoperte controllerebbe i geni, e ci libera così dal concetto di "automi genetici") con quello di "mente antica del corpo" della trattazione precedente, dimostrando che se a questo universo, esiste un Dio, quello è insito in noi, nella nostra immanenza.

-Per inciso, prendete tutto il tempo necessario per metabolizzare la mole di informazioni di questo ahimè ridondante seppur illuminante post, prima di commentare.

Iniziamo con Dio. E' noto che il bisogno umano di "spiegare" e di dare forma all'ignoto ha origini ben più antiche delle storie narrate nel Vulgata stampato dal caro vecchio Gutenberg, lodevole pioniere della stampa. L'uomo, dall'alto della sua arroganza esistenziale e accentratrice, si è sempre posto ad un gradino superiore rispetto alla natura, in quanto figlio prediletto del Creatore: da qui abbiamo la discriminazione abiogenetica di Aristotele, secondo la quale Dio creò solo gli uomini e gli animali a dispetto degli insetti delle altre creature inferiori che nascevano dalla terra, dai corpi in putrefazione o dal fango.

Solo molto tempo dopo Francesco Redi dimostrò l'inattendibilità della generazione spontanea aristotelica con il famosissimo esperimento dei barattoli contenenti carne, di cui uno coperto ed uno scoperto. Lo scienziato, infatti, rese l'evidenza che solo nei barattoli scoperti si erano sviluppate le larve di mosche, poichè posate dalle stesse, cosa che invece non poteva avvenire nella carne del barattolo chiuso. Pertanto Redi, dopo aver ceduto il testimone a Spallanzi, sino a Pasteur, arriviamo al principio della biogenesi, ergo omne vivum ex vivo.

Per quante possano essere state le scoperte in campo scientifico, la teologia, e movimenti filosofici annessi hanno sempre continuato a crescere, per le ovvie ragioni di imperfezione ontologica. L'uomo ha sempre cercato di rendere se stesso e la natura in quanto creazioni divine, concependo il Deismo, che spiega razionalmente l'uomo e il mondo grazie a un Dio, il Panteismo di Spinoza, secondo il quale v'è un identificazione immanentistica di Dio con la natura, ovvero l'essenza ultima delle cose è Dio stesso per poi arrivare al più recente neologismo "Teoetotomia", nella quale vige quella superiorità Divina(classica anche del Cristianesimo) a discapito dell'inferiorità umana, permeata dalla corruzione e dall'imperfezione per tale condizione.

Analizzando sommariamanete tutti quesi aspetti d'autoinganno e d'autoconvizione in merito alla teologia, andiamo a imbatterci nella suggestione mentale in relazione ai sentimenti derivati dal corpo, come trattato nel post precedente.
A questo punto è il momento di dimostrare, grazie alla grandezza delle ultime scoperte in campo relazional-genetico, l'inconsistenza di Dio, di quanto l'uomo, antica macchina in fase di perfezionamento nelle ere si sia allontanato dalla natura e si sia annichilito subconsciamente in paure che lo hanno reso dipendente da tutto, gettandolo in una schiavitù atavica, condannandolo alle più disparate ed inesistenti subordinazioni per sopperire a se stesso.

Si è scoperto ad operda del grandissimo Bruce Lipton, eminente Scienziato, Biologo cellulare, che il pensiero influenza il DNA e ogni cellula.

Citerò alcuni passaggi chiave riassuntivi per dare un quadro sommario dell'autorevole scienziato, anche se inseriro alcuni link che raccomando di visionare accuratamente per approfondire questo illuminante argomento che porterà a conclusioni incredibili.
[ http://www.tarocchionline.net/reserved/miracoli_bruce_lipton.htm
http://www.scienzaeconoscenza.it/scienza/lipton_biologia_credenze.htm]

"Durante il periodo in cui Bruce Lipton lavorava come ricercatore e professore alla scuola di medicina, fece una sorprendente scoperta sui meccanismi biologici attraverso i quali le cellule ricevono ed elaborano le informazioni: infatti, piuttosto che controllarci, i nostri geni sono controllati, sono sotto il controllo di influenze ambientali al di fuori delle cellule, inclusi i pensieri e le nostre credenze. Questo prova che non siamo degli “automi genetici” vittimizzati dalle eredità biologiche dei nostri antenati.

Siamo, invece, i co-creatori della nostra vita e della nostra biologia."

"Lipton descrive questa nuova scienza, chiamata epigenetica, nel suo libro “The Biology of Belief: Unleashing the Power of Consciousness, Matter and Miracles” (N.d.T.: Biologia delle Credenze: Liberare il Potere della Consapevolezza, della Materia e dei Miracoli) (2005: Mountain of Love/Elite Books). Pieno di citazioni e riferimenti di altri scienziati che conducono, in tale campo, ricerche all’avanguardia, questo libro potrebbe, letteralmente, cambiare la vostra vita al suo livello più fondamentale."

"Fino alla scoperta dell’epigenetica, si credeva che il nucleo di una cellula, contenente il DNA, fosse il “cervello” della cellula stessa, del tutto necessario per il suo funzionamento. Di fatto, come hanno scoperto Lipton ed altri, le cellule possono vivere e funzionare molto bene anche dopo che i loro nuclei siano stati asportati. Il vero “cervello” della cellula è la sua membrana, che reagisce e risponde alle influenze esterne, adattandosi dinamicamente ad un ambiente in perpetuo cambiamento. Che cosa significa questo per noi, quali collezioni di cellule chiamati esseri umani? Man mano che incrociamo le diverse influenze ambientali, siamo noi a suggerire ai nostri geni cosa fare, di solito inconsciamente. I carboidrati ci fanno ingrassare? Sì,se lo crediamo. Saremo amati, avremo successo nel lavoro, saremo ricchi? Se ci crediamo, lo saremo."

"Lipton ci mostra anche come Darwin avesse torto. La competizione non è la base dell’evoluzione; non è la sopravvivenza del più forte che ci permette di sopravvivere e prosperare. Al contrario, dice, dovremmo leggere l’opera di Jean-Baptiste de Lamarck, che venne prima di Darwin e dimostrò che la cooperazione e la comunità sono la base della sopravvivenza. Immaginate se ciascuna dei vostri trilioni di cellule decidesse di farcela da sé, di combattere per essere la regina della collina piuttosto che cooperare con le cellule compagne. Per quanto sopravvivereste ?"

E' illuminante prendere coscienza di quanto studiato scientificamente, di quanto Lamarck avesse ragione a discapito di Darwin, ma sopratutto che le cellule sono dotate di una loro "mente"(come appunto spiegavo in merito ad altri studi nel post precedente)al di là del nucleo stesso.

Nel primo sito linkato, continua l'argomento in un intervista a Lipton e mi propongo di riportare ed analizzare i passaggi più salienti(anche se rinnovo l'invito di leggere ogni cosa per esteso);
Nel libro dell'eminente Biologo, si mette in luce che i nostri geni non condizionano realmente la nostra vita. Facendo l'esempio dei cancri, è stato dimostrato che questi sono evitabili cambiando stile della stessa. Solo una bassissima percentale hanno matrice genetica. Pertanto Lipton sottolinea che le ragioni che ci spingono ad aggrapparci ai geni come esplicativi di ogni male è per via della natura fisica del concetto stesso.

Pertanto il determinismo genetico inizia ad incrinarsi con l'esempio ed il parallelismo di uomini e cellule; difatti se gli uomini non cooperassero come fanno le cellule, l'organismo non sopravviverebbe.

Lipton a seguire, esplica il concetto di "menti cellulari" in termini di membrane comunicanti. Pertanto facendo l'esempio di più cellule comunicanti tra loro, senza alcun ruolo intellettivo del DNA per arrivare al trilione di cellule encefaliche, le stesse opereranno ancora per il principio del cervello cellulare.
Quindi lo scienziato, giustamente mette in evidenza il paradosso della neuro-scienza: "Beh, quando abbiamo comprato l’idea che i geni ed il nucleo formano il cervello della cellula - che ci porta fuoristrada - e la applichi come fosse un principio di neurologia o di neuro-scienza, ti sei già incamminato nella direzione sbagliata. Non puoi arrivare da nessuna parte perché quello non è il cervello della cellula. I nostri principi su come funziona l’intelligenza sono stati totalmente sviati. Ecco perché, dopo tanta neuro-scienza, se chiedi a qualcuno: “come funziona, veramente, il cervello?” La risposta sarà: “veramente, non lo sappiamo”."

Ora onde evitare un eccessiva ridondanza, salterò la parte dell'intervista in cui si parla del genoma umano, delle "forze invisibili che modellano la nostra esistenza" mi concentro sul passaggio di maggior interesse:

"L’epigenetica dice che i segnali ambientali influenzano l’espressione genetica, e questi segnali ambientali talvolta sono diretti, e tal’altra sono interpretazioni, quando per es.le percezioni diventano credenze. Così, ho una credenza su qualcosa, che è una percezione, e aggiusto la mio biologia a quella particolare credenza. Se dicono che ho il cancro terminale e sono d’accordo, allora essenzialmente morirò quando, a detta loro, accadrà. Quali sono le persone che non lo fanno? I casi di “remissione spontanea.” Almeno una persona, scommetto, non ha “comprato” quella diagnosi. E la sola ragione per la quale ne sono usciti è che avevano un altro sistema di credenze completamente diverso, e quindi sono stati capaci di cambiarlo."

"La prima cosa è acquisire le nuove percezioni di come funziona la vita. Lasciare andare o riconsiderare le percezioni con le quali ci siamo formati, che, inevitabilmente, sono vittimizzanti: sono fragile, l’ambiente mi può attaccare, lo zucchero fa male. Queste sono credenze acquisite. Ma la questione è, sono veramente vere? Sono vere se questo è ciò che credi, dal momento che la percezione governa la biologia. Se sono programmato dalla percezione che lo zucchero è dannoso alla mia biologia e lo mangio, allora essendone a conoscenza intossico il mio sistema con la credenza, non con lo zucchero. La maggior parte di queste percezioni si manifestano come credenze limitanti o auto-sabotanti su quello che possiamo o non possiamo fare. Come l’auto-guarigione."

"La tendenza è, no, non ti puoi guarire da solo, devi andare da qualcun altro che ti guarirà. Santo cielo! Dopo parecchi miliardi di anni di evoluzione, il sistema fu progettato per auto-guarirsi. Per quanti milioni di anni gli esseri umani hanno fatto senza medici? Perché abbiamo bisogno di così tanti medici ora? Perché la percezione è che siamo deboli e fragili, ed abbiamo bisogno del loro aiuto. Bene, questa è una percezione. Quando eliminiamo questa percezione ed iniziamo ad immettere nuove percezioni, allora cambiamo la risposta della nostra biologia al mondo che ci circonda.

Man mano che cambiamo le nostre percezioni, cambiamo le nostre risposte. Le percezioni con le quali operi – ti danno sostegno o te lo tolgono? Ti rendono più forte o più debole?"

Pertanto Lipton arriva alla conclusione che queste percezioni sono nel subconscio che controlla la quasi totalità della nostra vita, senza che noi possiamo prenderne atto. Difatti "non vediamo i programmi che sono automatici".
Sempre nell'intervista, lo scienziato facendo l'esempio delle comparate elaborazioni in bit(che invito ad approfondire nel sito) dimostra che l'elaborazione inconscia e infinitamente più potente di quella conscia; In seconda istanza, asserendo che secondo i neuroscienziati cognitivi il 5 per cento del nostro comportamento giornaliero è controllato dalla nostra mente cosciente ed il 95 per cento dal programma subconscio, nella vita quotidiana la mente inconscia è la più potente fonte della nostra biologia.

Un altro passaggio chiave:

"Quando la mente cosciente è occupata, non sta osservando il subconscio. Ed il subconscio è composto dai programmi fondamentali che abbiamo ricevuto dagli altri nei primi sei anni. Mentre si vive la vita con le nostre intenzioni e i desideri della mente cosciente, il 95 per cento del comportamento viene dalla mente subconscia, che è stata programmata da altri."

"E la maggior parte di tale programmazione è veramente limitante. Non ti puoi guarire da solo, non sei abbastanza intelligente, non ti meriti le cose buone, non sei bravo in disegno o quello che è. Queste affermazioni diventano programmi subconsci, che si attivano quando non faccio attenzione. La mente cosciente nella maggioranza è occupata a pensare al futuro o al passato."

Pertanto Lipton afferma che quando il conscio è occupato in questo, il subconscio prende appunto la guida.

"Il vostro cosciente è occupato a cercare di pensare: “Mi merito un aumento e di certo dovrei salire di grado in questa ditta.” Mentre lo fate di certo, state operando dal subconscio, e quello ha un programma che afferma che non vi meritate le cose. Qual è allora l’espressione del vostro comportamento? Il comportamento che è coerente con “Non mi merito.” Ciò significa che farete degli errori o altro che renderanno legittimo che non vi meritiate le cose. Non ve ne rendete conto perché non l’avete visto all’opera, e diventate frustrati riguardo la vostra vita perché ci provate così tanto ad avere successo e non andate mai da nessuna parte. E poi, ovviamente, la tendenza è, non sei tu, è il mondo ad ostacolarti. La grande e bizzarra sorpresa è che il mondo vi darà qualsiasi cosa. E’ il vostro stesso sé che è d’intralcio."

A seguito di questo quanto mai esplicativo esempio, lo scienziato afferma che si può spezzare tale giuoco suggestico con la "consapevolezza"(che invinto ad approfondire) oppure con un altro metodo: Identificare il programma ed eseguire una procedura per riscriverlo, ergo lavorare su noi stessi.

In conclusione il biologo afferma che il pensiero positivo funziona solo se le credenze nel subconscio sono in linea con esso, o se si è completamente attenti. Pertanto Lipton spiega che se si è davvero attenti e si usa quel desiderio di essere positivi e far funzionare le cose, allora è possibile accorgersi di quanto il subconscio ci imponga il suo nastro, che noi possiamo cancellare.

Tuttavia in assenza di attenzione, non conduciamo noi lo spettacolo e pertanto come spiegato nasce il "conflitto", di squisita matrice umana.(ancora una volta non esistono miti di sorta, tutto è dentro noi).

Il professore sostiene: "No, il mondo non vi è contro, sono i programmi limitanti ed auto-sabotanti che acquisiamo in gioventù. Qui è dove dobbiamo azzerarci."

Ora, dopo aver riportato ed analizzato il nuovo volto scientifico della concezione di intelletto cellulare, delle ragioni intrinseche per le quali la scienza ancora non riesce a spiegare le funzioni celebrali e sopratutto delle autolimitazioni subconscie che l'uomo si è creato, arriviamo a scardinare Dio.

Tutto quello che Lipton ha studiato scientificamente ha riscontro nella storia dell'uomo, nel suo perpetuo altalenare in limitazioni, mortificazioni, autosuggestioni atte ad annichilirsi nella sua perversa natura feticista.

I Miracoli, le autoguarigioni sono facilmente identificabili come "nostre" prerogative, di macchine in fase di perfezionamento quali siamo (o forse dovrei dire "eravamo").

Invece l'uomo ha dato il merito di tutto da Dio, nella sua più oscena codardia, di non prendere in mano le redini della sua esistenza da quando l'emisfero destro ha creato ponti cognitivi tra le emozioni del corpo e la mente.

L'eterna insoddisfazione, nasce esclusivamente dal conflitto del "vivere" e del "pensare". Tutto nasce dalle cellule, anche loro senzienti, e l'organismo stesso ha una sua coscienza che la nostra anomalia encefalica-cognitiva manipola e distorce, producendo autoinganni e danneggiando persino noi stessi.

Mi sento di concludere questa magna trattazione dando ragione a Lipton, e ai più recenti studi che conferiscono all'uomo la sua unicità, e sopratutto è di fondamentale importanza riflettere con la propria mente in modo lucido, individuando meri movimenti speculativi anche nella scienza, atti a ricevere solo sovvenzioni economiche.

Gli uomini, lasciano sempre un testimone, da raccogliere. Sta a noi quale scegliere per correre nel miglior modo possibile.

venerdì 10 giugno 2011

Eziologia del genio e del mostro umano in correlazione ai disturbi nei rapporti umani - Parte II

Nella prima parte mi sono proposto di rendere l'aspetto concettuale puramente analitico della condizione di genio, delle anomalie emotive e del ruolo fondamentale delle stesse nel condizionare la mente. In questa seconda parte esploreremo ed approfondiremo l'aspetto corporal-emotivo in contrasto con la mente in relazione all'autonomia fisiologica e cardiaca nella sfera decisionale ed interrelazionale.

Una degna prefazione a questa trattazione, la definirei in termini Evoluzionistici. L'uomo si crede perfetto, ed imparte è vero, ma solo in superficie. In quanto tassello di questo universo, con la sua verde età quantificabile a qualche milione di anni è stato in grado di conquistare un pianeta, grazie al suo straordinario encefalo. Eppure l'uomo pieno di sé, ignora ciò che è biologicamente, ovvero un agglomerato cellulare che dispone di una sua autonomia ed una sua "mente". La mente antica del corpo, ha compiuto uno sforzo immane per tenere la vita attaccata alle membra in milioni di anni. Pertanto il corpo ha maturato, come ben illustrato in "la Mente e le Menti"[Dennet, Daniel], una sua capacità decisionale a fronte delle più disparate situazioni, da quelle individuali passando per le collettive. Esempi banali sono gli impulsi che il corpo attiva in netto contrasto con le decisioni dell'encefano: Arrossire a fronte di un ben preparato discorso, ad esempio. Pertanto nella suddetta trattazione si evince che l'uomo non è ancora in grado di rendere un progresso non deleterio, ma semplice progresso, in quanto volontà dell'encefalo e non della mente e degli impulsi del corpo.

Riportando invece, un fondamentale passaggio del grande Damasio, nel libro "l'Errore di Cartesio": "Le rappresentazioni che il cervello costruisce per descrivere una situazione, e i movimenti elaborati come risposta, dipendono da mutue interazioni tra corpo e cervello. Via via che il corpo cambia, per influenze chimiche e neurali, le rappresentazioni che il cervello ne costruisce si evolvono; alcune rimangono non consce, mentre altre raggiungono la coscienza. Allo stesso tempo, al corpo continuano ad affluire segnali provenienti dal cervello, alcuni in modo deliberato e altri in modo automatico, provenienti da settori del cervello le cui attività non hanno rappresentazione diretta nella coscienza. Il risultato è che il corpo si modifica ancora, e quindi si modifica l’immagine che se ne ha.
Se il cervello si è evoluto in primo luogo per assicurare la sopravvivenza del corpo, allora quando comparvero cervelli dotati di mente essi cominciarono con il por mente al corpo. La natura si imbatté in una soluzione molto potente: rappresentare il mondo esterno in termini di modificazioni che esso provoca nel corpo, cioè rappresentare l’ambiente modificando le rappresentazioni primordiali del corpo ogni volta che si ha un’interazione tra organismo e ambiente."

Senza approfondire ulteriormente tali studi, seppur di magno interesse, e citando il "marcatore somatico" sempre di Damasio, si evince che il corpo ha una sua autonomia, di età ben più veneranda rispetto all'encefalo. Tutto è esemplificabile in termini evoluzionistici-scientifici.

Tornando sulla mente e sul genio, possiamo affermare che l'anomalia è la sua madre. Ciò porta a chiedersi se il "genio" ha consapevolezza di se o se soffre nella sua condizione alienante, dove il concetto di normalità è reciprocamente inteso da ambo le parti sociali in quanto schiavo dell'abitudine e della consuetudine. E sopratutto a fronte di quanto riportato poco sopra, è facile interrogarsi sul ruolo della mente del corpo di un autistico ad esempio, in relazione al suo encefalo posto in un anomalia funzionale. Teoricamente dovrebbe sempre esistere una simbiosi tra il cervello e la "coscienza del corpo".

La coscienza non è altro che una derivazione da quella del corpo stesso. Non è altro, che il risultato di miliardi di interazioni cellulari esposte al mondo, immagazzinate nel sempre crescente encefalo in modo più o meno conscio.

Pertanto il "calore delle emozioni" è da intendersi come mediazione corporal-encefalica e cardiaca.

Il genio è da intendersi quindi come un normale essere umano anch'egli in costante evoluzione, e ciò è dimostrato dall'incoerenza nel rapporto cervello-corpo.

Coscienza. Cognizione del Mondo, sono pertanto in fondamentale relazione con la stessa del corpo. Elettroni, impulsi che viaggiano per preservare la nostra esistenza e ciò che viene filtrato da questo marasma evoluzionistico è "il sentimento", così caro ai disperati ermeneutici, in lotta per una fuga irrazionale, degna dell'uomo attuale, ancora decisamente lontano da un equilibrio vero che gli conferisca quella dignità che spesso perde per strada.

In altra sede, si disquisiva della vita oltre morte. E allora, alla luce di quanto detto, adagerei sul tavolo etereo della sezione impietosa la coscienza stessa in relazione al sentimento. Cosa accadrebbe con esattezza, ad un individuo che ha vissuto metà della sua vita avendo una cognizione della realtà ed a seguito di un incidente restasse menomato ed incapace di utilizzare la mente? Cosa accadrebbe dentro tale soggetto? Possiamo ancora asserire che la sua coscienza è conservata nella sua mente, nel suo corpo, o nella sua anima per la vita oltre morte?

Come sarebbero, pertanto da interpretare i giorni vegetativi vissuti da tali individui? Stesso discorso per chi nasce con la trisomia del cromosoma ventuno. Che genere di esperienza maturano tali soggetti? Possiamo parlare, pertanto di pochi fortunati che riescono a saldare la loro coscienza nell'energia spirituale oppure ci addentriamo in mera speculazione metafisica?

E se gli esempi di morte in merito alla descrizione della "realtà" fossero abilità della mente e non di un energia spirituale?

Ora non tratterò in questo post il discorso relativo a Dio, alla funzione degli esseri umani in concomitanza della loro facoltà decisionale e del libero arbitrio(che già per definizione confuterebbe Dio).

Mi limito a concludere che, seppur lontani da una parvenza di perfezione, l'uomo dovrebbe canalizzare la conoscenza di se accettando la sua condizione contradditoria, in fase di sviluppo evolutivo, che probabilmente non avverrà mai in modo completo, poichè le specie a volte si estingono e comunque il Sole è a metà della sua vita.

Non v'è modo di vivere questa vita meglio di quanto l'uomo stesso non faccia, l'evoluzione è lenta e millenaria, inconscia nell'azione. Wilde aveva ragione: ogni uomo non è più di ciò che è e non sarà più di quel che è stato.